Intervista a Paolo Ostorero, autore del romanzo Schiavi

Intervista a Paolo Ostorero, autore del romanzo Schiavi

Paolo Ostorero è nato a Torino nel 1960. Da sempre impegnato nel volontariato, ha preso a cuore la situazione dei migranti che giungono nel nostro paese privi di mezzi di sostentamento. Supportato da una famiglia eccezionale ha aiutato due ragazzi africani, Peter e Felix, a riappropriarsi della propria libertà e dignità. Questi due ragazzi ora fanno parte in vario modo della sua famiglia. “Schiavi” è il primo romanzo dell'autore, ed è il racconto della drammatica storia di Peter e Felix.
 
A cura di Leonardo Biccari
 
 
«Di cosa parla il tuo romanzo Schiavi?».
E' la storia vera di due ragazzi africani, Felix camerunese e Peter sud-sudanese, che per ragioni diverse scappano dal loro Paese per affrontare un viaggio della speranza verso l'Europa. La loro scelta è una scelta obbligata perché la situazione che vivevano era insostenibile, la loro era una vita da “schiavi” appunto e quando ti trovi con le spalle al muro e aneli la libertà, sei disposto a correre qualsiasi rischio pur di fuggire da quella vita.
 
«Quali sono i motivi che ti hanno spinto a scrivere Schiavi?».
Mai avrei pensato di scrivere un libro, ma è la vita di questi ragazzi che ha casualmente  incrociato la mia vita e l'ha in qualche modo stravolta anche se in positivo.  Le vicende che hanno e che ho vissuto sono già loro stesse un romanzo. Non dovevo far altro che trascriverlo, ma il romanzo c'era già e non potevo non scriverlo. Talmente forte è stata l'esperienza che ho vissuto in questi ultimi due anni che ho sentito il desiderio di comunicare questa mia esperienza agli altri e trasmettere un messaggio di speranza in un periodo in cui sento in giro tanta rabbia e tanto odio.
 
«Felix e Peter sono i protagonisti del tuo romanzo, due ragazzi africani che intraprendono un viaggio al limite dell'umano per raggiungere l'Europa e coronare il sogno di una vita dignitosa. Partono da due diversi paesi, il Camerun e il Sud Sudan, e dopo mille peripezie si incontrano alla fine del loro duro percorso. Ci racconti chi sono Peter e Felix, e cosa hanno dovuto attraversare nella loro giovane vita?».
Felix e Peter hanno due vissuti molto differenti. Il primo ha avuto un'infanzia felice, viveva in una famiglia per bene, con un livello economico buono perché il padre lavorava come ingegnere. In Africa però non esistono  le tutele e i paracaduti sociali che noi in Europa abbiamo e quindi con la morte del padre per opera  della polizia, la situazione famigliare precipita. La madre non ce la fa da sola e si risposa. Il patrigno si rivela ben presto duro e ostile nei suoi riguardi. Felix deve lasciare la scuola, deve lavorare e consegnare ciò che guadagna pena botte e maltrattamenti.  Si sente in gabbia e non vede altra via di uscita se non quella di lasciare il Camerun senza dire niente a nessuno, neanche alla madre che, d'altra parte non fa nulla per difenderlo.    Peter invece una vera famiglia non l'ha mai avuta. Costretto a lavorare fin da piccolo, vittima di un padre padrone che addirittura lo incatena per impedirgli di frequentare la scuola, appena può lascia quell'uomo crudele che lo sfrutta e lo tratta come fosse un animale.
 
«Il romanzo Schiavi è basato su una storia vera. Per quanto si tratti del racconto del viaggio compiuto da Felix e Peter per arrivare in Italia, è parzialmente anche la tua storia e quella della tua famiglia. Vuoi raccontarci come siete entrati in contatto con i due ragazzi, e perché avete deciso di aiutarli?».
Sì, come dicevo il romanzo “Schiavi” è una storia vera. A parte alcuni episodi sulla vita dei loro genitori e della loro infanzia in Africa, non ho dovuto inventare nulla perché tutto ciò che scrivo deriva dai racconti dei ragazzi. Prima con Felix e poi con Peter si è creato un feeling particolare e in diversi modi sono ambedue diventati parte della vita mia e di mia moglie, nonché dei nostri tre figli “biologici” che ormai sono da tempo fuori casa, ma che hanno condiviso generosamente la nostra scelta.       E' avvenuto tutto in modo spontaneo e naturale. Non c'è un perché particolare alla base della nostra scelta: semplicemente ci siamo affezionati e ci è sembrato bello dare il nostro aiuto a questi ragazzi. E' sicuramente un grande aiuto per loro, ma è anche una grande ricchezza per noi.  Felix,   che adesso ha 23 anni lo abbiamo adottato e vive con noi da oltre un anno. A breve si chiamerà Ostorero Felix. Ha frequentato con profitto il biennio delle superiori e a settembre inizierà il terzo anno di un Istituto Tecnico industriale.   Peter ha quattro anni più di Felix. Anche con lui la frequentazione è quotidiana, ma lui non abita da noi perché ha preso il posto di Felix  nella cooperativa che Felix ha lasciato quando è entrato in famiglia.  Poi c'è anche Nikola che ha tutta un'altra storia: è un ragazzo serbo  di 28 anni (uno più di Peter) che frequenta l'università a Torino. L'abbiamo conosciuto, esattamente come descritto nel libro, per mezzo di Peter.  E' nostro grande amico e nostro ospite da ottobre del 2018 ; starà da noi ancora per qualche mese, fino alla laurea o fino a quando avrà la possibilità di ricongiungersi con la moglie ( siamo stati al loro matrimonio a Belgrado due settimane fa)  che vive e lavora a Londra.
 
«So che una parte degli incassi del tuo romanzo Schiavi sarà devoluto in beneficienza. Sai già a chi destinerai i guadagni?».
Tutto il guadagno derivante dalla vendita dei libri andrà in diverse opere.  Una parte la userò per sistemare un alloggetto per Peter, di modo che abbia un posto dove abitare quando uscirà dalla tutela della cooperativa. Lui è troppo abituato a stare da solo per cui ha bisogno dei suoi spazi, della sua tranquillità e  sarebbe a disagio se dovesse stare in casa come Felix.  Un'altra parte la darei a due associazioni con cui collaboro e che si occupano di persone emarginate sia italiane che straniere.
 
«Cosa vorresti dire agli italiani chiusi nei loro pregiudizi razziali e nelle loro paure nei confronti di chi è diverso? Cosa vorresti trasmettere con la storia di Felix e Peter?».
L'immagine delle catene spezzate che ho messo in copertina vuole evidenziare  il bisogno di spezzare le catene di ogni  schiavitù in nome dell' insopprimibile desiderio di libertà che ogni uomo ha dentro di sé.   C'è però un secondo significato altrettanto importante in quell'immagine. Io ci vedo la necessità di spezzare le catene dei nostri pregiudizi, delle nostre chiusure, della nostra indifferenza. Siamo anche noi in questo senso “schiavi”. Con questo libro vorrei dire agli italiani di avere più coraggio e apertura nei confronti degli immigrati. Vorrei invitarli a parlare con loro, senza sentimentalismi e senza pregiudizi(neanche positivi). Scoprirebbero  che sono persone con le nostre stesse aspirazioni, gli stessi pregi e gli stessi difetti, insomma sono davvero come i nostri figli.  Non sono diversi e non sono nemici, sono solo esseri umani e possono diventare per noi un'opportunità per una crescita non solo umana e civile, ma addirittura anche economica.
 
«Pensi di raccontare in un'altra opera delle tue esperienze dirette con l'accoglienza dei migranti?».
Sinceramente non ci ho ancora pensato, però non lo escludo perché la vita riserva sempre delle sorprese. Chissà..
 
Link Vendita “Schiavi” di Paolo Ostorero
https://www.amazon.it/Schiavi-Paolo-Ostorero/dp/1070503568/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=1561638314&sr=1-6
 
 
 

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