(recensione) Secondo Rubino Tour: la musica recitata di un piccolo grande poeta

(recensione) Secondo Rubino Tour: la musica recitata di un piccolo grande poeta

L'ultimo suo live è stato a Tokyo due giorni fa, dove ritornerà per un concerto vero e proprio il 23 ottobre prossimo, ma Renzo Rubino ha macinato e continua a macinare date in tutta Italia, per portare in tour la sua lucida follia e il suo estro musicale, regalando emozioni e sorrisi a chi già lo conosce e a chi ne verrà conquistato al primo ascolto. E così, non potendo seguirlo in giro per il mondo, ci limitiamo a immaginare come Renzo abbia potuto brillare anche lì, riportando invece quello che realmente accade se si assiste, per fortuna o per caso, a qualcuna delle tappe dei suoi tour.
 
"Ciao, sono la fine del mondo. Scusate il disturbo, non volevo venire.."
Ed ecco palesarsi davanti ai nostri occhi il più grande incubo e la più grossa incognita di ogni comune mortale. Ma invece che essere presi dal panico, è solo il momento in cui si abbandonano le preoccupazioni terrene e si inizia un (bel) viaggio tra i meandri della mente e delle note di Renzo Rubino.

Il "Secondo Rubino tour" si apre infatti così, con la rappresentazione pratica di questo grottesco e anche un po' impacciato mostro, che ci canta la storia di una fine del mondo che alla fine tanto fine non sarà.

E quando Renzo si spoglia dei panni della "bestia" si rivela per l'animale da palcoscenico qual è, con verve e presenza scenica da fare invidia a ben più navigati artisti, coinvolgendo sia chi lo segue da sempre che quel pubblico al quale bastano i primi pezzi per essere totalmente immersi e rapiti dalle sue farfavole.

A ritmo serrato si susseguono la sanremese Ora, che al cantautore di Martina Franca è valsa il podio all'ultimo Festival di Sanremo; Lulù, struggente dedica al primo grande amore di un nonno malato di Alzheimer al quale è rimasto l'ultimo disperato appiglio alla lucidità; Amico, critica agli "amici" quelli dell'ultima ora, quelli che "ah ma sai io lo conosco, è il cugino del figlio della nipote del mio maestro delle elementari"; Sete, nata per la collega di scuderia Arisa ma forse troppo "spinta" (cit.) per essere cantata da lei, e meglio così, perché la calda voce di Renzo trasmette tutta la passione con la quale è stata scritta.  Paghi al kilo e Il postino chiudono la prima parte, in un crescendo di intensità e coinvolgimento della platea che mai ha modo di annoiarsi ed è sempre sollecitata da nuovi stimoli e racconti coinvolgenti. 

C'è spazio per i saluti alla famiglia sempre in prima fila, nonna mimma, le zie, le sorelle e tutti quei martinesi di cui ormai Renzo è un po' il figlioccio. Racconta dell'enorme quantità di cactus che ha ricevuto in regalo e degli accendini, e poi parte la folle Non mi sopporto, non prima di aver scoccato una frecciata a tutti quelli che si appropriano della sua persona, con Mio, per poi ritornare al mondo fatato di L'ape il toro e la vecchia.

Momento intimo con Non arrossire di Giorgio Gaber con cui dimostra tutta la potenza vocale che sul palco di Sanremo aveva già condiviso con la splendida voce di Simona Molinari, seguito da un altro attimo di introspezione con Monotono.  Arriva poi la volta di Per sempre e poi basta, brano suntuoso molto amato e ingiustamente escluso dalla corsa alla vittoria di Sanremo.  Altro giro altro pezzo da novanta con Bignè, primo posto a Musicultura ed efficace metafora di quanto la vita possa, nel bene e nel male, offrirci.

Tra la (solo apparente?) dichiarazione d'amore cantata in Piccola, la scanzonata e sarcastica Pop e l'ultimo singolo Sottovuoto,  trova anche spazio una vera chicca da intenditori, quella Scemo firmata Franco Califano e portata alla ribalta nazionale da Joe Chiarello.

Il live volge ormai al termine, il bis è già stato acclamato a gran voce, Renzo ci riconcede Il Postino. Ed è qui che si compie l'ultima magia, quando trasportati dalle lievi note del pianoforte ci ritroviamo davanti a un Renzo bambino dolcemente protetto da un Un Altalena Blu.

Infanzia e vecchiaia, ironia e serietà, momenti goliardici e introspezione sono i binari su cui scorre agile il Secondo Rubino tour, coadiuvato egregiamente da un'ensemble di musicisti, Gli Altri, la sua band composta da Fabrizio Convertini (basso), Andrea Beninati (batteria e violoncello), Eugene (theremin e tastiere) e Andrea Libero Cito (Violino), in cui tradizione e sperimentazione si mescolano fino a creare uno stile nuovo e personalissimo.
 
Il grande pregio di uno spettacolo di questo tipo è senza dubbio la capacità di straniamento in cui si ritrova catapultato chi vi assiste, quasi si prendesse una pausa dal mondo e ne traesse energia positiva per ricaricarsi e ricominciare a vivere.

Angela De Simone

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